29.08.2013 09:58

IN SICILIA, SGUARDO LUNGO E INNOVAZIONE PER IL PD

 

Il ruolo e l’impatto che negli ultimi anni hanno avuto le (nuove) politiche locali è stato tanto forte quanto poco attenzionato. Al netto di pochi casi negativi che vanno più che blanditi, è la dimensione dei Comuni e delle amministrazioni comunali che più di altre ha cambiato (in meglio) la vita di comunità e territori. Lo dicono i numeri, le decisioni prese, gli atti, i progetti messi in campo e i raffronti tra i diversi livelli di governo: gli enti locali hanno fatto più e meglio cambiando e innovando se stessi e spesso, con un automatismo inconsapevole, anche l’Italia. L’amministrazione locale ha cambiato la vita dei singoli cittadini perchè negli ultimi anni rispetto al livello centrale ha fatto appunto, più e meglio.

Ciò sostanzialmente per due motivi: una classe dirigente locale nuova, giovane, preparata e motivata (a dispetto dell’esatto contrario di Regioni e Stato centrale); una serie di politiche locali di cambiamento che hanno innovato e aperto al futuro grandi e piccoli centri.

È capitato molte volte che, nella nostra storia nazionale, fosse il livello centrale a “dare la rotta” e indicare macro obiettivi su cui tarare scelte e definire orizzonti. Ultimamente i ruoli si sono invertiti e la periferia ha definito una centralità nuova, occupandosi direttamente di ambiti e settori importanti: ambiente ed energia, integrazione, cultura, sviluppo, partecipazione, protagonismo civico, per citarne alcuni. In queste materie, gli enti locali hanno fatto maggiori passi avanti e sono stati più innovatori.

A questi obiettivi ha contribuito non poco, il grandissimo numero di giovani presenti in maniera attiva nelle istituzioni locali (sindaci, assessori, consiglieri comunali). Una spinta quantitativa e qualitativa notevole nella direzione del cambiamento con proposte e idee, forte di un consenso elettorale diretto.  Spesso giudicati e qualificati con sufficienza come “ragazzini” inesperti e sgomitanti mentre invece, nella gran parte dei casi, si tratta di una generazione che ha scelto di essere impegnata nel servizio della propria comunità.

Sostanzialmente, è questa la tesi di fondo di una recente pubblicazione a cui ho lavorato con l’introduzione di Graziano Delrio, in libreria per i tipi della Marsilio editori: “L’Italia cambiata dai ragazzini. Nuovi amministratori, nuovi Comuni” che racconta di nuove politiche pubbliche e attività di amministratori under 35, tirando fuori, per dirla con Delrio “un viaggio alla scoperta di una realtà nuova, già viva e operante nel nostro Paese, che si distingue per impegno e passione civile con un ruolo non secondario nella rigenerazione dell’Italia”.

E’ così anche nella nostra Sicilia. Nei 390 Comuni e nei territori si registra una quantità altissima di ricambio e partecipazione giovanile. Un fenomeno che è energia positiva per i Comuni e, a volerla guardare dalla angolatura del nostro partito, anche per il centrosinistra. Parliamo di ragazze e ragazzi che sono già nei consigli comunali, che guidano e rappresentano, che prendono decisioni e che sono un vero elemento (forse il solo) di novità che si è sviluppato in questi anni. Senza clamore ma in maniera costante. Giovani che non avendo trovato nei partiti (in questo caso, nel partito per antonomasia) il luogo in cui crescere, dibattere ed essere protagonismi di partecipazione e cambiamento, hanno scelto le istituzioni locali come terreno nel quale essere attivi e protagonisti.

La Sicilia della politica immobile, quella che per prima introduce la legge sull’elezione diretta dei sindaci salvo poi avere oggi, a 15 anni di distanza, gli stessi protagonisti e leader di allora, serve che faccia un salto avanti. Il congresso del PD (il solo partito nazionale oggi in campo) può e dovrebbe essere l’occasione per questa modernizzazione, con una svolta che non tocchi solo il campo del centrosinistra ma che incida in maniera profonda nella politica siciliana. Un appuntamento che disegni uno scenario che determinando un nuovo PD, sia occasione di innovazione per politica e società siciliana. Siamo la seconda Regione d’Italia, la più grande del Mezzogiorno: cambiare il PD non significhi soltanto rinnovare una dirigenza ma sia sinonimo di cambiamento per una realtà che è isola ma non deve essere isolata.

Matteo Renzi, la sua candidatura e la sua storia di (giovane) amministratore che ha saputo incidere e migliorare una delle più importanti capitali mondiali di turismo e cultura, può essere la pietra d’angolo da cui far ripartire la Sicilia, la personalità a cui “agganciare” un’azione di rinnovamento e innovazione profonda che passa anche dalla nostra terra. Nei Comuni e nei territori siciliani c’è la base da cui partire. C’è un protagonismo civile che qualifica una generazione. Saprà essere il Partito Democratico all’altezza di questa sfida? Aprire, anche nelle nostre dimensioni regionali e locali, partecipazione e scelte a tutti non significa forse dare a ciascuno la possibilità di stare in un disegno più largo? Se dirigenti e regole (famose, maledette regole) andranno in questa direzione avremmo cambiato il PD e la Sicilia, altrimenti avremmo solo svolto un congresso dovuto ad una scadenza.

 

@giacomo_darrigo

autore de “L’Italia cambiata dai ragazzini. Nuovi amministratori, nuovi Comuni”

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