PERCHE' BIG BANG SICILIA di Gandolfo Librizzi
Al Big Bang di Firenze 2011, quando alla stazione Leopolda, attorno alla proposta di Matteo Renzi,
si sono ritrovate migliaia di persone provenienti da diverse parti d’Italia per discutere di politica e di futuro, qualcosa è davvero esploso: un entusiasmo nuovo, un progetto comune a cui è naturalmente seguito l’impegno per le elezione primarie 2012 del Partito Democratico.
Sono stati, questi due anni, belli, intensi e proficui durante i quali si è sempre più andata affermando in Matteo Renzi una leadership in grado di interpretare e rappresentare la voglia di cambiamento diffuso che aleggia nel Paese.
In Sicilia, non senza difficoltà, nella solitudine di pochi pionieri a schivare l’ostracismo diffuso di tanti, si è comunque registrata una forte partecipazione dal basso che ha tracimato ogni argine e ha contagiato, da un capo all’altra della Trinacria, diffuse e nuove sensibilità, stimolato e attivato nuovi e impensati impegni.
Così, pian pianino siamo arrivati ad oggi a questa estate 2013 che si preannuncia come un periodo carico di attese e di novità in vista dell’imminente prossimo autunno.
Estate 2013, Italia. In un Paese normale dove la democrazia è, per il popolo, equivalente alla stessa aria che esso respira (qui vive biologicamente, li socialmente), i Governi si alternano alla scadenza naturale e il confronto avviene su visione alternative e omogenee. L’alternanza, sale della vita politica e della stesa democrazia, garantisce la governabilità.
In un Paese normale i Governi non si succedono solo grazie ai giochi di Palazzo, per quanto legittimati dalla Costituzione ma, tranne rari e necessari casi di convergenza nazionale, ci si adopera con proposte politiche chiare e alternative, fermo restando il valore di fondo dell’unità dei valori e del rispetto della carta fondativa della Repubblica.
In un Paese normale la sinistra assume la sfida del cambiamento come cifra del proprio agire, dell’innovazione come orizzonte di marcia, del coraggio storico quale consapevolezza del proprio ruolo.
In un Paese normale, si vince e si perde e si Governa nell’interesse della Nazione sulla base del mandato popolare.
In un Paese normale la leadership si afferma con le rotture necessarie ma avanza quale catalizzatore di un comune progetto politico, di una comune visione narrativa del futuro da costruire.
In un paese normale, di fronte alla dura crisi che pervade ogni angolo sociale e riduce ogni spazio di benessere, non ci si attarda a parlare di codici e codicilli, di regole e regolette ma si mette in campo la migliore leadership per aggregare il più vasto consenso maggioritario in grado di trasformare il paese fin dalle fondamenta.
In un Paese normale…
Ma l’Italia non è un Paese normale. Non lo è nell’espressione politica della Destra che abbiamo visto all’opera fin qui, non lo è ancora del tutto per la parte della Sinistra, ancora attardata e spesso con la testa rivolta al passato. Una grande nazione sì, ma un paese normale no.
Siamo qui alla perenne e persistente lotta tra il vecchio e il nuovo, del morto che acchiappa il vivo e lo trascina al fondo.
Estate 2013. Sud Italia. Nel meridione la crisi produce i suoi più devastanti effetti: ritarda e aggrava le condizioni dello sviluppo, peggiora la già bassa qualità della vita, azzera le già scarse possibilità di futuro per le nuove generazioni, disarticola il già precario stato sociale, crea la già grave dipendenza dal sistema pubblico, facilita la sempre intollerabile e opprimente infiltrazione e presenza della mafia.
Lo dice chiaramente e senza ombre di dubbio l’ultimo rapporto dello Svimez (Anticipazioni sui principali andamenti economici sull’economia del mezzogiorno) che consegna un quadro allarmante e disarmante dell’imperante realtà in atto nel mezzogiorno.
Questo dato di fatto della realtà, quella dura e crudele di tutti i giorni, ci richiama non al pessimismo ma al realismo, che è il solo, fra l’altro, che può generare l’ottimismo.
Estate 2013, Sicilia. Ad analizzare questo travolgente 2013, senza eccedere di troppo, si potrebbe tranquillamente richiamare l’antico detto: “Niente di nuovo sotto il sole”. A chi potrebbe obiettare che invece è in atto una rivoluzione o, per stare più terra terra, un cambiamento epocale, bè, senza essere irriverenti si può rispondere che, se qualcosa c’è bisogna dire che il cielo è molto annuvolato.
Vediamo più da vicino cosa dice la realtà.
Tutti gli indici statici e i relativi dati macroeconomici attestano, in un incedere quotidiano di bollettini di guerra impressionante e tragico, a partire in ultimo da quello citato dallo Svimez che la Sicilia, dentro il quadro più complessivo della crisi italica e del Sud, continua a sprofondare nella sua insularità, a rimanere nella sua marginalità sistemica nel confronto con il resto d’Italia, a primeggiare solo nelle classifiche per le sue ultime posizioni conquistate quasi in ogni ambito: dalla pessima qualità della vita delle persone e delle città alla crescente e diffusiva povertà di nuove ceti e di sempre più numerose famiglie; dal mancato sviluppo al suo pessimo residuale esistente; dalla crisi cronica dell’occupazione alla ripresa galoppante (ma quando è mai stata interrotta?) dell’emigrazione, questa volta di qualità e di alto livello istruttivo, cioè a dire nella fuga dei cervelli, consolidando così tutti gli indici negativi che la riguardano.
Che fare? Di fronte a questi scenari la domanda sorge spontanea: “chi dovrebbe dare risposta, chi dovrebbe invertire la tendenza negativa, chi dovrebbe operare per migliorare la realtà in atto?”. Non ci si illuda né ci si autoconsola: la politica, cioè la responsabilità collettiva organizzata e impegnata che in una democrazia equivale alla sovranità popolare. E sono in questo senso le classi dirigenti, ivi compreso, in primis, la classe politica – non solo ma in forma preponderante – a dover esprimere una visione in grado di aggredire e sciogliere i nodi irrisolti, atavici, di questa perdurante drammatica realtà in atto.
Purtroppo però, a fronte del quadro drammatico che emerge nei territori e nelle città siciliane devastate dalla crisi sempre perenne a queste latitudini e dalla cattiva politica che qui è una concausa del peggioramento dei problemi quando non anche la causa principale della loro evidenza, ciò a cui si assiste non è una lotta all’ultimo atto tra idee, visioni e proposte sulle soluzioni e sulle prospettive da dare a questa bella ma maledetta terra, ma il solito refrain, diventato di cattivo gusto, sulla politica politicante, sugli equilibrismi fra le varie parti e la perenne ossessiva conquista del potere che, una volta preso sembra essere solo utilizzato per il suo mantenimento e l’annientamento di ogni altra forma critica di giudizio non conforme all’idea del novello principe al momento assurto a quello che un tempo fu il vicereame di Sicilia. Solo una lotta estrema, estenuante e autoreferenziale di ceti politici che fra loro lottano per contendersi la supremazia sulle spoglie di un’isola morta accaparrandosi l’illusorio feticcio del potere.
Così, ancora una volta, rassegnati e disillusi, i siciliani, oramai imperturbabili, guardano con angoscia, sgomento, illusione, distacco e disincanto alle cose che accadono nei Sacri Palazzi dell’antica vestigia normanna credendo che davvero “Niente di nuovo ci sia sotto il sole di Sicilia”, avendo già tutto visto, e abbondantemente!, nel fluire storico dei vari passaggi dei tanti personaggi consegnati all’oblio della storia passata e recente se non, per molti di essi, della cronaca sub specie reietta.
Ma, fino a quando si può ancora continuare ad attendere? Fino a quando si può ancora resistere?
I più fortunati e i più coraggiosi già sono andati via, molti si accingono a farlo (giovani soprattutto), altri vorrebbero farlo e aspettano solo la prima occasione. I tanti a cui manca il coraggio di partire (forse perché non l’hanno mai avuto) invece rimangono morendo ogni giorno, e, fra questi, tutti gli altri che, temerari, credono che sia possibile cambiare ancora qualcosa in questa terra gettata dal creatore nel centro del Mediterraneo a fare da sponda a tre continenti (da qui, da questa sua ineluttabile e ineludibile condizione geografica deriva tutta la sua particolare natura sociale e psicologica aperta e insidiata com’è stata ed è ai venti contrapposti delle differenti sponde).
Costretti a rimanere a vivere qui, e non sono pochi!, aspettano che le cose cambino e sperano che qui in Sicilia si possa vivere bene, non meglio ma ugualmente bene come altrove.
Un tempo di opportunità. Abbiamo detto del tempo di crisi che viviamo. E’un dato oggettivo della realtà in atto. Non può negarsi ne nascondersi. Ma esso non genera solo sfiducia e rassegnazione. Esso può essere anche un tempo di grande opportunità verso il cambiamento. Dalla crisi, che tutto annienta e tutto ributta indietro, dalle stesse conquiste sociali ai diritti di cittadinanza, frutto di lunghe e a volte sanguinose lotte di riscatto (quante in Sicilia ne sono state fatte!), è possibile che emergano nuovi orizzonti. Possono essere tragici (e la storia ce lo insegna), oppure possono disegnare un fronte avanzato di nuove conquiste sociali e nuovi assetti politici, istituzionali, economici più corrispondenti alle impellenze dei nuovi tempi.
Insomma, in tempi di crisi s’impone con sempre più urgenza, la necessità di una politica nuova e rinnovata che sia fondata su solide fondamenta etiche in grado di dare soluzioni ai problemi, del tutto inediti, del tempo attuale.
Un nuovo bing bang politico-culturale. Nasce in quest’ottica di tale consapevolezza del momento storico attuale, l’associazione politico-culturale “Big bang Sicilia”, perché, proprio come il big bang primordiale, la Sicilia ha bisogno di un big bang politico e culturale se vuole dare speranza ai suoi cittadini e risalire la china nella quale è stata condotta.
Per tale motivo, scopo di Big bang Sicilia è quello di animare la riflessione pubblica, demistificando le finte rivoluzioni, smascherando i sempre soliti gattopardi e i gattopardismi tutti intrinsecamente siciliani, alimentando la discussione sui principali nodi dell’innovazione politica ed economica, formando nuovi quadri dirigenti necessari a questa Sicilia, supportando i passaggi necessari per uscire dallo stato di profonda crisi nella quale è stata ridotta da classi dirigenti inadatte, impreparate e spesso in malafede che si sono susseguite negli anni in assoluta quasi disinvolta continuità e mota parte di essi quasi spesso sempre in collusione e contiguità con la mafia.
Un’associazione che abbia il coraggio delle sfide impossibili: disarticolare il precario quadro politico esistente per ambire a giocare al rialzo, dopo anni di giochi al ribasso, su tutti i temi che animano la contraddizione di questo tempo di crisi che sembrano irrisolvibili. In modo ottimista ma reale.
Un’associazione che parli, qui in Sicilia, degli Stati Uniti d’Europa, di un’ Europa dei diritti, del progresso e della solidarietà, una meta necessaria e possibile da raggiungere, perché sa che là è la chiave di tutto; che guardi al Mediterraneo come un mare di incontro interculturale e una frontiera di pace e si attrezza con adeguate strategiche politiche di sviluppo per far diventare la Sicilia un grande hub al centro di questo mare nostrum in grado di intercettare merci e uomini sempre in più in movimento dal Sud al Nord del mondo; che sappia offrire del Mezzogiorno d’Italia, del Sud della penisola, una nuova visione dinamica, perno sociale, culturale ed economico, insostituibile per una sfida aperta di opportunità e di riforme dove protagonisti siano le nuove generazioni in lotta per affrancarsi dalla marginalità cui sono costretti in alternativa all’emigrazione perenne, alla fuga infinita.
Un’associazione, Big Bang Sicilia, per ridiscutere i fondamenti politico-culturali della Regione Siciliana, per ridisegnare il suo Statuto Speciale, per agevolare e rafforzare la partecipazione dal basso, accrescere la cultura dei diritti e dello Stato di diritto, della laicità dello Stato e delle Istituzioni pubbliche, per rendere irreversibile la cultura del contrasto alla mafia con azioni amministrative, politiche, economiche, culturali e civili, mirate, adeguate e eticamente non negoziabili.
Un’associazione che, senza arroganza né presunzione, ma convintamente, si ponga l’obiettivo di essere una componente di progettualità e di animazione politica in grado di sostenere una vera e profonda stagione riformista nell’azione del Governo della Regione perchè del tema del cambiamento culturale e politico ne faccia terreno di elaborazione fecondo di analisi, di proposte, di impegni per affermare la cultura del lavoro, del merito, della solidarietà rompendo con il manto del protezionismo assistenziale e clientelare solo funzionali agli apparati, ai ceti dirigenti e alle logiche partitiche che hanno caratterizzato la storia di questi 60 anni di Autonomia regionale, liberando così questa terra alle sue infinite risorse e offrendole i diritti che la gente di qui, i siciliani, rivendicano al pari di tutti gli altri.
Insomma, Big Bang Sicilia, adesso per essere parte del più ampio processo di cambiamento che sta prendendo corpo in Italia con Matteo Renzi.
GANDOLFO LIBRIZZI, DIRETTORE BIG BANG SICILIA
—————
Contatti
DAVIDE FARAONE, Presidente Big Bang Sicilia, coordinatore regionale
Gandolfo Librizzi, direttore Big Bang Sicilia: librizzigandolfo@libero.it
Giacomo D'Arrigo, vicePresidente BigBangSicilia
Mila Spicola, Presidente Comitato Scientifico Big Bang Sicilia: archmilaspicola@gmail.com
Giovanni Morgano, assistenza tecnica comunicazione: giomorgano@gmail.com
archmilaspicola@gmail.com
QUESTIONE MUOS: Sì o No?
(di Giuseppe Bruno)
ESPRIMETE LA VOSTRA NELLA SEZIONE
DICCI LA TUA SU...
Benvenuti nel Blog di BigBangSicilia!
Se ciascuno di noi fa qualcosa le cose cambieranno.
Se ciascuno di noi rimarrà a casa la sera con l'alibi del "son tutti uguali" non cambierà mai nulla.
Big Bang Sicilia: chi c'è c'è, chi non c'è si tiene quel che c'è.