DEPORRE LE ARMI di Mila Spicola

 

E’ chiaro a tutti noi e a lui per primo che Epifani non è un segretario eletto ma “imposto”. Eppure potrebbe guadagnarsi sul campo il valore di quella carica raccogliendo le richieste che da più parti stanno crescendo. Quelle di volgere l’istanza di “pacificazione” dentro il PD prima di cercarla (in modo quanto mai acrobatico adesso) e offrirla fuori dal partito.

Le vicende degli ultimi giorni non erano imprevedibili, eppure il PD si dimostra impreparato reagendo con l’unica tattica che lo ha reso incomprensibile negli ultimi tempi: l’attendismo, il “tono dissimulato”, il non voler scontentare nessuno, scontentando in realtà i più. Parlo da elettrice del PD, non più da dirigente, venendo meno a una promessa personale di parlar solo di contenuti, ma il momento lo impone. Parlo da cittadina che deve parlare, che deve votare, che non vuol rimanere a casa la sera nemmeno per idea e nemmeno se là fuori ci sono i lupi “tutti uguali”, che non ci son delusioni tali da non farla parteggiare ed essere presente nella politica e nel suo Paese, su altre basi, su altri valori, su altre dinamiche rispetto a quelle viste finora. Che fugge le faide di correnti che colpiscono la persona e non le idee o le alleanzucole improponibili, perché la vita e i bisogni non son correnti o alleanzucole, sono progetti, grandi, idee, grandi, azioni, grandi: obiettivi veri non strumentali a strategie elettorali.

E’ il momento per il PD di reagire e di agire nell’unico modo che il Paese si aspetterebbe da una forza seria, moderna, responsabile e organizzata: compattandosi e unendosi. Non è retorica, è necessità. Il bene del Paese oggi è che il PD si unisca e, in modo autorevole e coraggioso, parli senza paura e in modo chiaro. Lo dica che è necessario staccare la spina a un governo finto e innaturale. Perché le necessità che lo hanno portato ad essere, tale governo, son stravolte, e non da noi. Che sia chiaro: non da noi.

E’ il momento di lasciar da parte tatticismi e bizantinismi avvitandosi nello scovar regole e regolette nel partito che altro non son che quel che sembrano a tutti, tranne che a certa parte di apparato: tattiche di divisione interna e non di unione. O arrampicandosi sugli specchi per tenere in vita un Frankenstein non voluto da nessuno. Non è questo il bene del Paese.

E’ il momento di individuare nel partito, dando loro riconoscimento reale e supporto, le figure che hanno maggiore consenso nel Paese più che nel Partito, per buon senso e per furbizia, se non altro. Per non annegare. E’ il momento di dar corso alle idee, nostre attenzione non di altri, ma che altri ci hanno soffiato da sotto il naso (ambiente, legalità, pace, sviluppo, giustizia sociale) che hanno maggiore consenso nel Paese. E’ il momento di proporre come reali  le soluzioni ai bisogni del Paese, che noi abbiamo individuato e offerto e su cui i più ci hanno dato fiducia (mettere in cima alle decisioni lavoro, scuola e diritti in modo innovativo e non altro, non me ne abbia nessuno ma gli armamenti non rientrano nelle soluzioni che abbiamo offerto in campagna elettorale, non è nel nostro programma, con buona “pace” del ministro Mauro, non si tradiscono gli elettori). Si chiama credibilità democratica, si chiama contatto con il proprio popolo. E’ il momento di tornare al voto, persino con questa legge elettorale. Perché non ci credo nemmeno se lo vedo che con queste premesse il governo Letta possa produrre una nuova legge elettorale. Suo malgrado sia chiaro, perché non appare chiaro con chi possa farla adesso una legge elettorale. 

E’ il momento di strappare la corda, visto che è così tirata. Di essere tutti convinti e uniti nel volerlo fare, nel dirlo, nel proporlo, nell’offrirlo. Se no non verremo capiti. E non c’è bene del Paese che tenga a fronte dell’incomprensione dei propri elettori. I nostri elettori sono quel 40% di italiani e italiane che non votano più. E son loro quelli che dobbiamo riportare alle urne con una prova di coraggio.

Con tutte le migliori intenzioni del Premier Letta o del Presidente Napolitano: questo governo non funziona. La cura rischia di ammazzare il cavallo. Il cavallo adesso è la Democrazia e il principio di legalità dentro la Democrazia. Non funziona un governo minato alla base dal dubbio, dai problemi, dal sospetto e persino dal riconoscimento ex legis dell’illegalità. Certo, c’è una grande parte del Paese che nell’illegalità, o nella para- illegalità, ci sguazza e al consenso della quale fan l’occhiolino in tanti, in troppi. Non noi, spero non più noi. E’ un’altra Italia quella a cui vogliamo rivolgerci; non è solo uno slogan elettorale l’Italia Giusta, perché l’Italia giusta non ci segue in questa confusione totale di mezzi e di fini.

Il fine è il bene del Paese, il mezzo che ci siam dati la Democrazia, il legame tra l’uno e l’altra il rispetto delle leggi e il valore assoluto che tale rispetto deve avere. Dunque sia semplice tirar le somme. Se questo governo non regge le conseguenze di una condanna, della quale noi non abbiamo nessuna responsabilità, ma che son tutte individuali e personali del signor Silvio Berlusconi e a quelle responsabilità si aggancia il suo partito, non il nostro,  noi dobbiamo avere il coraggio e la chiarezza di staccare la spina. Di individuare un programma e un leader di ampio consenso, di candidarlo e di vincere. Se no saremo travolti, travolti da Grillo, travolti dal vittimismo di buona presa che fa quadrato intorno a Berlusconi.

E’ un ragionamento che non ha nulla del “personalismo deteriore” agitato da tanti come spettro, ma tutto della normale dinamica politica e partitica. Il leader si guadagna sul campo la sua affermazione come tale e..ce ne fossero di leader con ampissimo consenso dentro il PD, siano i benvenuti. Non i combattuti dai mille tafazzi lanciati contro.

Non è campanile affermare che tutto ciò conduce a Matteo Renzi, perché la partita non è solo Matteo Renzi, è l’unità del partito intorno a una figura che ci faccia vincere. Deponga le armi il PD al suo interno e si prepari unito a una lotta con avversari esterni. Se non lo si capisce nemmeno adesso, questa volta si fa non solo un torto al PD, ma un torto al Paese. Non ha senso affermarsi dentro il partito con regolette ad primariam falsata, mentre fuori infuria la bufera reale, e perdere la cosa più importante adesso: il consenso chiaro e largo della maggioranza del Paese.

MILA SPICOLA, PRESIDENTE COMITATO SCIENTIFICO BIG BANG SICILIA


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