Congresso e Governo regionale. La Sicilia e il PD cambiano verso nel metodo e nel merito
Cari amici,
del pd, della comunità siciliana. Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno messo noi, gruppo originario dei renziani, nelle condizioni difficilissime di dover scegliere tra la responsabilità e la libertà. La responsabilità di proporre un partito unito, data anche dalla carica nazionale nella segreteria di Davide, e la facilissima libertà di continuare ad essere quello che siamo stati, sempre contro, sempre da soli, sempre con la spada sguainata. Oggi i renziani non ci sono più, c’è un gruppo dirigente di partito, di un partito che vorremmo unito.
Quando parlo di avvenimenti non mi riferisco alle contingenti dinamiche delle candidatura del congresso regionale del partito, che riguarda solo i militanti o i dirigenti del mio partito, ma al massacro della Politica al quale abbiamo assistito impotenti che si è svolto dentro l’Aula dell’Ars e che riguarda tutti noi come cittadini e siciliani. Chi scrive per un giornale come me e in questo momento legge il mio comunicato immagino abbia provato lo stesso mio sconcerto nell’assistere inermi testimoni al disastro che si è compiuto dentro quell’aula, al di là del parlar male e sgrammaticato e senza logica, sgrammaticata e senza logica, se non becera e di cortissimo sguardo, è stata l’azione programmatica; abbiamo assistito al fallimento totale della classe politica siciliana.
Abbiamo vissuto il disagio di sentirci marziani quando in realtà quello che chiediamo è la normalità di un governo adatto alla Sicilia, quando i marziani sono agli occhi dei cittadini coloro che siedono in quei scranni, intenti a salvaguardare infinitesimali interessi di parte e mai un interesse comune e generale. Vorremmo la normalità di una terra civile, uno dei luoghi più belli al mondo, dove nascere, crescere e vivere con delle regole, consci di risorse umane e di contesto tra le migliori, perenne mortificate da un lato dalla rassegnazione e dall’inazione, dall’altro dalla cattiva politica. Non credo che si possono individuare colpe singole per il disastro, quanto un sistema malato, dinamiche impazzite, politica ridotta a tatticismi e strategie che si sono trasformate negli anni in grotteschi siparietti, personalismi esagerati che sono solo tattiche di imposizione o di conservazione. Parafrasando una frase di Virzì “hanno scommesso sulla distruzione della Sicilia e hanno vinto”. Adesso tocca il momento della ricostruzione.
Anche se da anni alcuni di noi, non chiamiamoci più renziani, alcuni militanti del partito democratico, tentiamo di proporre una politica di contenuti e di proposte serie e all’altezza, negli ultimi tempi la nostra volontà ha avuto un’accelerazione, perché quello che è accaduto nei giorni scorsi lo avevamo scientificamente previsto. Sia quanto accaduto all’Ars, sia quanto accaduto dentro il partito. Non si va avanti con la politica dei nomi, e nemmeno con quella delle clientele e dei dilettanti allo sbaraglio etero diretti da menti finissime nella strategia e grossolane nell’incisività politica, si va avanti con i progetti veri e con l’idea vera di aiutare i siciliani.
Non è retorica, è l’allarme dell’ultima spiaggia. La Sicilia è massacrata e l’Ars non può permettersi di continuare a fare la Versailles del Mediterraneo. Abbiamo detto o si cambia o si vota. Beh, amaramente, da persona che vive il territorio, e vede i disagi e i problemi, mi sento di dire che o si cambia o si muore.
Lo sforzo di elaborare un programma di riforme e di azioni compiuto nei cosiddetti dieci punti è nato esattamente da questo. Lo abbiamo proposto come documento aperto ai militanti di partito e ai siciliani tutti e abbiamo lanciato l’appello ad aderire e a contribuire. Il Congresso regionale è semplicemente l’occasione per imporre alla politica, al di là dei nomi, un metodo, un progetto e una squadra capace di portarlo avanti. Che sia chiaro, vale per noi e vale per i compagni di percorso: un metodo, un progetto e una squadra. Che nessuno pensi di reiterare certe logiche. La ricreazione è finita. Speravamo che intorno a quel progetto potessero convergere tutte le anime del Partito, così non è stato, perché ancora i personalismi, i tatticismi e le divisioni sono state scambiate per azione politica. Per noi no, l’azione politica è quella che da domani cercheremo di far affermare come prioritaria del nuovo Partito Democratico. Poche cose, strutturali, da farsi. E sono queste cose da farsi le nostre candidature, non il balletto dei nomi. Capisco che è più facile e avvincente, per chi scrive su un quotidiano, e per chi si misura nell’agone politico raccontare un balletto di nomi piuttosto che approfondire un discorso sul metodo, sul merito, e sulle cose da farsi. Ma la Sicilia non ha bisogno più di balletti di nomi, e di galli da combattimento, ha bisogno di raccontare un progetto. Lo dico a me, ai colleghi della stampa, lo dico ai miei compagni di percorso, ai militanti del PD e anche agli altri partiti.
Abbiamo bisogno di fare e di raccontare in modo diverso le cose che servono per evitare il disastro. Lo dobbiamo ai miei alunni, ai vostri figli, alle nostre coscienze. Non ad altri. Anni fa, un gruppetto di amici abbiamo iniziato insieme e continuato insieme a far politica, ci siamo chiesti “cosa ci unisce?” e ci siamo risposti “una comune tensione morale”. Sembra idealismo, non lo è. E’ stata la risposta costante nei mille momenti di crisi. In questi giorni, quel gruppetto di amici, ha attraversato liti e crisi perché non è facile passare dal livello della libertà a quello della responsabilità. Nessuno di noi è pienamente soddisfatto per quello che è accaduto e per come è accaduto, alcuni hanno traballato, perché, anche noi siamo rimasti invischiati nelle dinamiche del rifiuto degli accordi, che altro non è che un accordo medesimo, sempre nella logica dei nomi,“con quello mai e con quell’altro nemmeno”. Quell’idealismo di allora ci ha messo con le spalle al muro e oggi ha la concreta forza del realismo. Non ci possiamo permettere la stessa logica tatticista e personalistica della politica che abbiamo osteggiato. Volare alto significa imporre un progetto con la forza delle idee e dell’esempio ed esserne così certi da portarlo avanti con tutti coloro che lo accettano.
Crediamo fortemente nella necessità di cambiare verso davvero, e abbiamo deciso di puntare in tempi non sospetti, su una “carta comune”, che sono i dieci punti, e vogliamo che sia valida e condivisa dal maggior numero di persone, senza esclusioni, perché è uno sforzo enorme quello che ci aspetta: sollevare la Sicilia innanzitutto dal suo peggior nemico, se stessa: l’inazione, la sfiducia, la rassegnazione. E con quella identica tensione morale che ci ha uniti qualche anno fa andare avanti e governare la Sicilia sulla base di un elenco dettagliato di cose concrete da fare. Crediamo che il governo Crocetta debba mutare verso, ma ha bisogno di aiuto. Un aiuto che deve accogliere, non nella logica dei nomi, ma nella logica del progetto, delle competenze e delle visioni strategiche. Di incompetenze negli ultimi mesi, come negli anni passati ne abbiam subite troppe e di navigamenti a vista ancor di più. La barca è così sfondata che nemmeno il navigamento a vista funziona più, migliaia di precari rischiano di finire definitivamente per strada ed è solo una delle criticità che mi vengono in testa. Credo che ci siano tante forze in Sicilia pronte ad aderire alla luce di uno spirito simile, non aderire a una corrente che sia chiaro, non ci son più i renziani, cuperliani, crocettiani, civatiani, etc.. in Sicilia, ma aderire a uno spirito simile, a un programma, a una logica precisa, che è politica nel significato migliore e finisce, dati i problemi, per essere civile ed etica. Una politica onesta è una politica capace. Umile, ma capace. E per essere una politica capace, per dirimere la matassa ingarbugliata ci vogliono forza e qualità, non improvvisazione e dilettantismo e nemmeno basso affarismo di ancient regime. A queste condizioni noi ci stiamo. Solo a queste, non ad altre. Volando oltre i nomi, le correnti, le beghe. Una politica onesta e capace. Semplicemente.
Le forze sindacali, gli amici della cgil, della cisl, delle altre confederazioni, le associazioni produttive, le associazioni umanitarie, civiche, sociali, il mondo della coppe razione, i rappresentanti delle categorie del lavoro, il sistema giudiziario, il mondo della Chiesa e via..via..fino all’ultimo elettore credo che abbiano lanciato segnali in tal senso più volte alla politica, e la politica, noi, gruppo dirigente del pd, stiamo tentando di raccoglierlo per lavorare insieme. Ecco, alla luce di quest’ottica, faccio i miei migliori auguri a Fausto Raciti, che, ha accettato il nostro invito di farsi testimone di questo progetto e che aiuteremo a mettere a punto una squadra rinnovata e innovativa, competente, che rispetti e valorizzi le differenze di genere. L’intenzione è quella di cambiare verso davvero e gli entusiasmi e la voglia di farlo ci sono, a contare le centinaia di mail che ci sono giunte in risposta all’appello sui dieci punti. L’intenzione è quella di dirlo e di farlo, esattamente come sta facendo Matteo con la sua segreteria a Roma.
Mila Spicola
Direzione Nazionale del PD
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